Shakar Galajian

The Challenge (Il Superuovo)

Anno 2023

Assemblaggio di marmo, legno, scotch argento, su tavola in legno, cm. 60 x 80

Un uovo di marmo attaccato ad un pannello bianco per mezzo di un telo adesivo argentato e una didascalia che capovolge l’assioma di Magritte secondo la teoria raffigurativa del linguaggio.

“La Trahison des Images” (“Ceci n’est pas une pipe”) di Renè Magritte è un’opera che pone in risalto la dicotomia tra realtà e rappresentazione, che si collocano su due piani ontologici distinti (la pipa del dipinto non è una pipa vera, ma la sua immagine), tra i quali vi è un abisso che il mondo dei segni non riesce a colmare: secondo il celebre pittore belga, l’arte – in quanto astrazione – propone una concettualizzazione dell’esistente che il linguaggio può cogliere soltanto negando la realtà dell’oggetto raffigurato.

“The Challenge” (Il Superuovo), con la didascalia “This IS an egg”, ribalta l’affermazione di Magritte rivendicando il carattere denotativo del linguaggio e la sua piena identificazione con il mondo che esso descrive, anche laddove la sovrapposizione con la realtà è rigorosamente esclusa (l’uovo di marmo non è un uovo vero e non è sicuramente commestibile, e persino nei casi in cui sembrerebbe esservi immedesimazione tra oggetto reale e oggetto d’arte – ad esempio nell’opera “Comedian” di Cattelan – questa è soltanto apparente, perché, come Duchamp insegna, l’oggetto d’arte trascende sempre la funzione assegnatagli dall’uomo o dalla natura).

Se dunque l’immanenza del reale nell’arte è destinata ad essere confinata ad un ruolo puramente concettuale, il linguaggio diviene l’unica realtà in grado, designandola, di tracciarne il senso, di modo che la stessa espressione artistica diviene accessibile soltanto grazie al linguaggio stesso, con il quale si pone in rapporto di isomorfismo. L’opera si identifica, così, per mezzo del suo correlato linguistico di significazione1, individuando l’archetipo, l’idea platonica universale dell’oggetto di cui rivela, attraverso la forma, l’essenza (οὐσία), evocata nel momento in cui lo si nomina.

Shakar Galajian insegna fotografia presso la Fondazione Humaniter di Milano. Le sue opere sono state esposte in gallerie d’arte a Livorno, Milano, Roma, Venezia, Madrid, Dubai, Amsterdam, al Museo dell’Arsenale e del Ducato Marinaro di Amalfi, alla Lega Italiana Navale di Napoli, al Museo Diocesano e Palazzo Vescovile di Melfi, all’Oratorio della Passione della Basilica di Sant’Ambrogio.

Nel 2019 ha partecipato alla 3^ Biennale d’Arte Contemporanea e del Design di Salerno.

Ha conseguito numerosi riconoscimenti nazionali ed internazionali risultando vincitore, nella Sezione Multimediale, della IX edizione del Premio Internazionale Città di Como e, nella Sezione Fotografia, della IV^ Biennale Internazionale Biarco – Colombia

Tutte le opere sono consultabili sul sito: www.shakargalajian.art

1 Wittgenstein, Ricerche filosofiche, 1953, par. 43: “Il significato di una parola è il suo uso nel linguaggio”

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